lunedì 4 marzo 2013

I neuroni possono durare più dell'organismo cui appartengono
Il cervello non ha età

04.03 - Il cervello non ha età: contrariamente ad altre cellule dell'organismo, quelle nervose non hanno una durata di vita programmata, ma sono in grado di sopravvivere perfino il doppio del tempo rispetto all'organismo cui appartengono. Lo dimostra un esperimento italiano nel quale neuroni di un topo, che vive in media un anno e mezzo, sono stati trapiantati e si sono ambientati perfettamente nel cervello di un ratto molto più longevo.
La ricerca, pubblicata sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti (Pnas), è italiana: università di Pavia-Fondazione Policlinico San Matteo, Istituto di Genetica Molecolare (Cnr), Istituto di Neuroscienze della Fondazione Cavalieri Ottolenghi dell'università di Torino. Considerando le differenze di specie, il risultato suggerisce che nell'uomo un prolungamento della vita non creerebbe problemi di sopravvivenza dei neuroni. I dati indicano infatti che la sopravvivenza dei neuroni non è geneticamente fissata, ma può essere determinata dal microambiente del cervello dell'organismo ospite. Contraddicendo così l'opinione diffusa che aumentare la vita media dell'uomo potrebbe essere inutile in quanto i neuroni - anche in assenza di malattie - morirebbero, riducendo chi sopravvive oltre una certa età ad una vita priva di facoltà cognitive.
L'esperimento ha visto il prelievo di neuroni immaturi e precursori, ossia cellule già parzialmente indirizzate a diventare neuroni, dal cervello di un embrione di topo di una specie con una vita media di circa 18 mesi, e trapiantati nel cervello di un ratto (in stato embrionale), di una specie con vita media di 36 mesi. Le cellule trapiantate si sono sviluppate in neuroni, integrandosi nel cervello del ratto, pur mantenendo le dimensioni un po' più piccole tipiche del topo donatore, e vivendo il doppio del tempo rispetto all'organismo di provenienza.
 Il prossimo passo, è identificare i meccanismi che hanno permesso ai neuroni di vivere così a lungo. Ciò potrebbe aprire la strada a nuove terapie per malattie neurodegenerative dovute alla morte precoce dei neuroni in aree specifiche del cervello.

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