«Per arrestare la deriva servono subito 5 euro
in più per ogni cittadino»
18.06 - La crisi colpisce trasversalmente l’Europa ma non le sue Università. Molti Paesi scelgono di investire sulla formazione terziaria e sulla ricerca, unica garanzia per il rilancio dello sviluppo. Altri no. E non si tratta solo del dato prevedibile della Germania – la cui bilancia commerciale è in attivo – ma di quello di gran parte dei Paesi europei. Persino in Gran Bretagna, dove l’immaginario collettivo pensa a un’università prevalentemente privata, l’investimento pubblico è maggiore di quello italiano.
Lo rivelano i dati dell’Osservatorio della European University Association (EUA) presentati da Stefano Paleari - Segretario Generale della CRUI, membro del board dell’Associazione Europea e referente per la parte relativa al Public Funding - all’incontro “Sapientia colloquia: criticità ed emergenze nel sistema universitario”, tenutosi all’Università Sapienza di Roma. «Lo scorso 6 giugno il ministro Carrozza davanti alle Commissioni riunite di Camera e Senato della Repubblica ha sottolineato che “l’istruzione e la ricerca scientifica sono fattori determinanti per lo sviluppo economico” – ha sottolineato Paleari – Oggi, inoltre, uno studio di Bankitalia rivela che anche l’economia lombarda è in recessione e che il problema centrale è rappresentato dal numero ridotto di ricercatori e dall’assenza di un volume adeguato di attività di brevettazione. Se si pensa che l’economia lombarda è quella che traina il Paese, lo scenario appare tristemente chiaro». E subito dopo ha aggiunto: «L’osservatorio dell’EUA è su questo esplicito. Gli svedesi investono 731 euro per cittadino per l’università. I tedeschi 304. Addirittura gli spagnoli 157. Noi siamo ad appena 109, con un calo netto del 14% negli ultimi 4 anni. Questi sono dati oggettivi, non opinioni. E con questi numeri sarà presto impossibile per le università garantire il supporto essenziale per il rilancio dell’economia e dello sviluppo. Ovvero ciò che sia il ministro che Bankitalia si augurano per l’uscita dalla crisi».
Quindi ha concluso: «In quest’ottica quando si chiede il ripristino dei 300 milioni mancanti si chiede, di fatto, di passare da 109 a 114 euro per cittadino. Stiamo parlando di 5 euro! Continueremmo comunque ad essere il fanalino di coda dell’Unione, ma almeno riusciremmo ad arrestare la frana che si sta abbattendo sul nostro sistema dell’università e della ricerca». I dati dell’osservatorio evidenziano anche come il taglio delle risorse abbia seguito di pari passo la riduzione del numero di ricercatori e docenti, a tutto svantaggio del rapporto studenti/docenti. Ovvero l’affievolimento di una delle garanzie più importanti per gli studenti, della qualità della didattica e di un ambiente di apprendimento confortevole e motivante. Basti pensare che, secondo il ranking 2012 del Times Higher Education, nelle 10 migliori Università il rapporto medio studenti/docenti è 7; in Italia è 30.
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