28.05 - L'esito delle elezioni amministrative di domenica 26 e lunedì 27 maggio viene anestetizzato soprattutto da Pd e Pdl in nome del governo delle larghe intese. Invece, a nostro avviso, l'elettorato ha mandato messaggi molto precisi al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, al Pd al Pdl e alla Lega.
Il flop del M5S escluso da tutti i ballottaggi (Grillo invece contava di vincere in numerosi enti locali) ha tre cause principali: primo, l'elettorato è stufo della politica depressiva urlata e dei "vaffa" quando non seguono i fatti tanto attesi. I cittadini hanno votato Grillo per vedere cambiamenti ed invece da mesi sentono parlare solo di scontrini e di rendiconti della serva. Ora hanno presentato il conto a Grillo anche per il suo "no" ad un governo con il Pd. Una decisione politica che ha avuto come effetto quello di sdoganare Berlusconi e rimetterlo in circolo; secondo è un disastro l'imposizione di Grillo che vieta a deputati e senatori del suo Movimento di parlare con la stampa e il suo continuo atteggiarsi a vittima dei giornali e dei poteri forti. Quest'ultimo è un ruolo che può fare solo Berlusconi, perché solo lui ha un libro paga dove sono iscritti giornali e televisioni; infine, il web. Il mondo online è una gran bella cosa ma in politica non basta. Non sostituisce l'azione in carne ed ossa fatta nel territorio dagli aspiranti amministratori.
Il Pd è il partito in testa a tutti i ballottaggi e probabilmente porterà a casa i relativi sindaci. Il caso più eclatante è quello di Roma dove Ignazio Marino ha fatto la campagna elettorale praticamente da solo per la sua presa di posizione contro il governo delle larghe intese. Un segnale molto preciso al Pd. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, non è stato miracolato da queste elezioni. Anzi. C'è una gran fetta di elettorato che non si esprime, che vorrebbe chiarezza politica e quindi separazione con gli ex i democristiani di sinistra (Beppe Fioroni, Dario Franceschini, Rosy Bindi) e con il sindaco di Firenze. Un elettorato che non vuole immischiarsi con Berlusconi e il suo Pdl impegnato solo a tutelare gli interessi economici del suo capo e fare da scudo ai suoi pesanti guai giudiziari.
Il Pdl credeva di avere il vento favorevole, di vincere con facilità ed invece i sondaggi sono stati smentiti clamorosamente. Ora si trova nella scomoda posizione che deve rincorrere l'avversario nei ballottaggi del 9 e 10 giugno. Si consola dicendo che le elezioni hanno rafforzato il governo Letta e le larghe intese. Nelle prossime settimane assisteremo alla consistenza di questo "miracolo".
La lega. Continua la dissoluzione anche nel Veneto di questo partito di stampo leninista, nato vecchio, gestito da vecchi (di neuroni e sinapsi) dove si mira a posti di potere a tempo indeterminato come e più della prima Repubblica, in una continua liturgia fatta di slogan e retorica. Ecco un campionario non esaustivo dei roboanti annunci leghisti che si sono susseguiti nel tempo: "secessione, camice verdi, Padania, ronde padane, parlamento padano, banca padana, federalismo padano, Europa delle regioni, prima il Nord e da ultimo, macro-regioni". La lega e i suoi capi si stanno identificando sempre di più con la lega-macchietta della satira televisiva. L'elettore leghista, che è cittadino per bene, non ne può più. Da tempo ha cominciato a dare segni di insofferenza per cui ecco che vota altri soggetti politici come il M5S oppure il Pd oppure sta a casa.
Usciremo da questa palude dove girovaghiamo inutilmente da vent'anni? Sì. Ma prima ci dovrà essere una frattura netta e totale dell'attuale assetto politico. Nel frattempo l'Italia delle larghe intese tirerà a campare e a diventare sempre più povera. (upiv) www.heos.it
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