Matteo Ricci, Li Madou
02.10 - A Pechino, a pochi passi dalla sala
d’ingresso del palazzo che ospita la scuola ideologica per i quadri del comitato
centrale, in mezzo al grande cortile interno su cui affacciano i vari edifici
della scuola di partito, c’è un piccolo cimitero con una ventina di tombe
antiche. È qui che riposa Matteo Ricci, “Italicus maceratensis”, come indica
l’alta lapide scritta in latino e in cinese già due volte spezzata e restaurata,
la prima volta al tempo della rivolta dei Boxer (1900) e poi ad opera delle
guardie rosse della rivoluzione maoista. Sembra quasi uno scherzo del destino,
questa tomba del grande missionario gesuita custodita con grande rispetto nel
cuore della fucina ideologica dell’ultimo impero comunista.
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